martedì 13 maggio 2014

Internazionali, prime e (purtroppo) ultime impressioni.


Stai a vedere che Camila Giorgi può davvero giocare bene sulla terra. Quando piazza due colpi interlocutori nello scambio, può dominare perfino Cipollotta, che, ricordiamolo, è quarta in classifica nella race duemilaquattordici. Non ci fosse stato un calo, alla fine del secondo set, che per qualche istante ha  fatto temere che la partita potesse girare, potremmo dire che Camila ha sonoramente bastonato la diversamente simpatica slovacca. 

Bene, anzi benissimo, le donne di casa nostra, meglio di così è difficilino: ampiamente pronosticabili le facili vittorie di Pennetta sull'impiegatizia austriaca Meusburger e di Errani su Scheepers, urge esaltare l'incredibile prestazione di Francesca Schiavone, che  s'infila nella macchina del tempo e brutalizza la splendente Bouchard, in uno scontro generazionale che si è presto trasformato in un seminario sul gioco on clay. Il fenomeno di Westmount, ragazza molto intelligente, avrà preso appunti, ma non credo si dispererà constatando che la stagione sul rosso sta volgendo al termine. 

Benissimo le donne, malissimo, oltre il limite delle più cupe previsioni, gli ometti. Fognini, Lorenzi e Volandri sono usciti dal torneo in malo modo, senza mettere insieme nemmeno un set e senza accennare particolari reazioni d'orgoglio. Se Filo ha ceduto tutto sommato con onore a Simon, lo stesso non si può dire dell'attesissimo e sempre più inattingibile Fognini, sfondato di vincenti da Rosol, e di Lorenzi, sul cui volto mi sembra di scorgere i segni di una crisetta ben avviata a diventare crisona. L'ho visto perdere a Calì da Trungelliti, due settimane fa, ed il trecento al mondo sembrava Paolino. Perdere in due da Pere Riba, in casa, è la conferma del momento ostico, ma siamo sicuri che il Dottore saprà tirar fuori altri conigli dal cilindro quando meno ce lo aspetteremo.

L'unico maschio italiano ad accedere al secondo turno è Simone Bolelli, ma la consolazione è limitata dal fatto che a cedergli il passo sia stato un altro italiano, Stetone Travaglia. Proprio quest'ultimo, eliminato al termine di una lotta furibonda conclusasi al tie-break del terzo, ha portato le notizie più liete al nostro claudicante movimento: omaggiato di una wild card per le qualificazioni, il marchigiano non ha fatto pentire gli organizzatori buttando fuori Montanes e Blaz Rola, tennisti che lo precedono abbondantemente in classifica. Non so perché, ma sono sicuro che il primo a non crederci sia lui. Se riuscirà ad essere più solido nello scambio, una posizione tra i primi centocinquanta, magari entro la fine dell'anno, non gliela preclude nessuno.

Detto questo, corro a fare le valige e volo a Liverpool, per una settimana all'insegna della beatlemania e dell'International Pop Overthrow. Spiace non vedere l'approccio agli Internazionali dei cosiddetti big, ma non si vive di solo tennis. Ci risentiamo a Parigi, o magari qualche giorno prima, tra la Costa Azzurra e Dusseldorf.

lunedì 5 maggio 2014

L'incubo slovacco di Fognini.


Klizan ha un conto in sospeso con Fognini, e Fognini non sa perché. Nessuno sa perché. Martin, slovacco serioso, uno che, così per dire, non risulta necessariamente simpatico a pelle, è stato per mesi in nomination con l'ambizione triste di vincere il premio che ogni anno viene idealmente assegnato al tennista più involuto della stagione. Ventiquattro anni, mancino, uno e novanta comodi, di servizio e dritto generosi, Klizan aveva toccato il vertice della propria carriera sul finire dell'estate duemiladodici, quando, dopo aver fatto il gradasso nei challenger estivi sul rosso, vincendo peraltro Bordeaux e San Marino, s'era regalato uno US Open da sorpresa, falciando Tsonga, allora sesto favorito, al secondo turno, e veleggiando fino agli ottavi, dov'era stato eliminato da Cilic. Sull'abbrivio, il tennista di Bratislava aveva raggiunto la prima finale in carriera nel circuito maggiore, a San Pietroburgo, e vi aveva trovato Fognini, battendolo nell'occasione piuttosto nettamente. L'ascesa è durata fino al mese di marzo dell'anno successivo, quando l'allievo di Martin Damm, raggiunta la ventiseiesima posizione della classifica mondiale ed il proprio best ranking, ha iniziato la lunga discesa agli inferi del tennis pro: primi turni in serie, ritorno al circuito challenger, uscita dai primi cento. Lo si è rivisto, Martin, tentare le qualificazioni qua e là; a volte riuscendo, a volte perdendo da carneadi che fino a pochi mesi prima avrebbe dilaniato a furia di drittoni mancini. Fino all'arrivo a Monaco di Baviera, dove si è presentato con una poco edificante classifica di centoundicesimo tennista del globo. Passate le qualificazioni soffrendo le cosiddette pene dell'inferno contro l'omonimo austriaco Fischer in secondo turno, dopo una vittoriosa maratona nel match chiave contro Youzhny all'alba del torneo ha guadagnato la seconda finale 250 della carriera. Chi poteva trovare ad aspettarlo? Fabio, naturalmente, che in Bavaria godeva della prima testa di serie assoluta.

Fognini schiacciava sull'acceleratore da subito, con tutto il peso del corpo, ed era chiaro che, continuando a scambiare da fondo, il match difficilmente avrebbe superato l'ora di durata. Primo set, 6-2 per il ligure, che andava a sedersi ad aspettare il secondo parziale con l'annoiata faccia di burocrate che tira alla fine del turno pomeridiano. Klizan, nel frattempo, nascondeva un'indicibile sofferenza sotto l'asciugamano, ed i segnali facevano presagire un suo possibile imminente ritiro. Nel secondo parziale, però, tra un'occhiata colma di disperazione e la sconsolata testa penzoloni dopo ogni punto, lo slovacco cambiava radicalmente strategia, e, rifiutando ogni scambio che eccedesse i cinque colpi dalla linea di fondo, iniziava a tirare tutto quello che vedeva, non disdegnando qualche improvvisata al net. Fognini, essendo Fognini, veniva mandato fuori registro non già dalla rivoluzione tattica operata dal suo avversario, ma dall'atteggiamento ostentatamente sofferto dello stesso, e non perdeva l'occasione per irritarsi oltre ogni logica regalando il match in quaranta minuti inguardabili, cedendo secondo e terzo parziale per 6-1 6-2.

"Spero che Klizan stia bene", polemizzava Fognini nella conferenza stampa post match. Non possiamo immaginare cosa sia passato nella testa e nel corpo dello slovacco, ma siamo sicuri che un certo benessere spirituale lo coglierà spesso, ogni qualvolta vedrà Fabio iscritto ad un torneo, possibilmente sorteggiato nella parte di tabellone opposta alla sua.


ATP MONACO DI BAVIERA (finale):

Martin Klizan (svk) b. Fabio Fognini (ita) 2-6 6-1 6-2